Recensore Notturno
"Il silenzio della città bianca": dal 6 marzo (purtroppo) su Netflix
Aggiornamento: 27 mar 2021

Se pensate di aver mai visto un film fatto male e senza senso, se avete un film che non sopportate, un attore o regista che disprezzate, "Il silenzio della città bianca" vi farà ricredere su tutte le vostre certezze.
Il nuovo film distribuito da Netflix è l'ennesima conferma che gli spagnoli, a parte rarissimi casi, non sanno cosa voglia dire scrivere o girare un film.
Senza senso
Iniziamo dal titolo. Nel film del silenzio non c'è traccia, anzi, per gran parte della sua durata ci sono festeggiamenti per le strade, tranne di notte quando il protagonista va a correre. La città è tutto tranne che bianca, e al colore bianco non si fa mai riferimento.
Passiamo ora a quella che dovrebbe essere la trama. La storia ruota attorno all'ispettore Unai López de Ayala aka "Kraken" che, dopo un anno dalla morte della moglie, torna al lavoro sul caso di uno spietato serial killer che si credeva fosse stato arrestato 20 anni prima.
Il film non fa in tempo ad iniziare che intorno al trentasettesimo minuto viene svelato il volto del vero assassino e, dopo pochi minuti, anche il suo movente. Tutto questo senza dare nemmeno né il tempo né gli elementi allo spettatore di fare supposizioni, come ci si aspetterebbe da un thriller/poliziesco. A questo punto il film dopo 40 minuti sarebbe potuto benissimo finire, ma così non è.
La restante ora e 10 minuti è composta da lunghissimi flashback che spiegano male ciò che accade nel presente e ci fanno chiedere perché non lo abbiano ambientato direttamente 20 anni prima, scene di sesso completamente gratuite e non narrative ed inseguimenti in cui l'atletico ispettore si fa seminare prima da un padre di famiglia sovrappeso (che riesce a prendere solo grazie al classico vicolo cieco), poi dal killer, che sembra tutto tranne che così agile da poterlo seminare, e da un altro paio di personaggi che illogicamente riescono sempre a sfuggirgli.
Da aggiungere che gli inseguimenti vogliono sembrare inseguimenti per i tetti alla Mission Impossible, ma ricordano più Tom e Jerry senza carisma. Come se non bastasse sono inutilmente lunghi. Il film continua tra numeri di escapologia da far invidia a Harry Houdini, indizi senza senso, semine non raccolte o raccolte troppo in fretta ed un finale anch'esso completamente senza senso o comunque, se lo si vuole proprio dare, si fa molta fatica.
Ormai vanno di moda i finali aperti, i finali a libera interpretazione, ma un conto è un finale che fa discutere appassionatamente gli spettatori per giorni, mesi, a volte anni, un altro conto è un finale senza alcun senso logico dove non si hanno elementi per poter fare un ragionamento simile.
Vorrei ma non posso
Si prova inoltre, alla lontanissima, a prendere spunto dal capolavoro "Il silenzio degli innocenti", soprattutto per quanto riguarda la parte iniziale, e da altri film del genere.
Si nota anche l'arroganza e la presunzione di credersi una produzione e cineasti Hollywoodiani, ma così non è. Nel film nulla si salva, dalla regia piatta, agli attori con il talento di un Raul Bova in dormiveglia, dialoghi imbarazzanti, una sceneggiatura scritta probabilmente da chi non ha mai scritto nemmeno un tema sulle vacanze alle elementari, una fotografia inesistente e tanti altri difetti.
L'unica cosa positiva è che, fortunatamente, anche questo film arriva ai titoli di coda, durante i quali si ha la sensazione di aver buttato via due ore di vita inutilmente.
Personaggi e fatti simili sarebbero giustificati solo in un film del maestro del demenziale Maccio Capatonda, ma purtroppo non è questo il caso.
VOTO 4/10