top of page
  • Immagine del redattoreRecensore Notturno

"Making A Murderer": colpevole fino a prova contraria

"Making a Murderer" è il documentario crime targato Netflix che racconta la vita e le vicende giudiziarie di Steven Avery e Brendan Dassey.


SEGUONO SPOILER



Making a Murderer: l'ipocrisia dell'America


Il documentario di Netflix racconta le vicende giudiziarie di un cittadino americano della contea di Manitowoc nel Wisconsin: Steven Avery. Steven viene condannato nel 1985 per violenza sessuale e tentato omicidio dopo un processo farsa. Verrà poi scagionato grazie ad un test del DNA 18 anni dopo.


La storia assurda di Steven prosegue nel 2015, due anni dopo la sua scarcerazione. Poco prima di intascare il risarcimento di 36 milioni di dollari da parte dello stato viene accusato nuovamente, ma questa volta di omicidio. La vittima è la giovane fotografa Teresa Halbach.


Il problema è che le prove contro di lui non ci sono. L'unica è l'interrogatorio al nipote di Steven: Brendan Dassey. Brendan è un ragazzo di 16 anni con un'intelligenza sotto la media. La sua testimonianza viene estorta da due agenti di polizia particolarmente schifosi che, approfittando della sua ingenuità, facendogli false promesse e facendogli pressione psicologica gli hanno di fatto estorto una confessione che di vero non ha nulla.


Ovviamente i due vengono presi e sbattuti in carcere, dopo un processo ancora più ridicolo di quello del 1985. Una giuria di deficienti, poliziotti corrotti e viscidi avvocati pronunciano una delle sentenze più scandalose di sempre. Ergastolo a Steven e a Brendan. Quest'ultimo potrà però uscire del 2048 a 59 anni.


Ma la cosa assurda non è neanche questa. La cosa più schifosa sta nel fatto che, nonostante tutte le prove prodotte dalla difesa durante il processo che scagionano senza ombra di dubbio Steven, tutti se ne sbattono. Anzi, più prove dimostrano la sua innocenza più l'accusa, il giudice, la giuria, si impuntano ed accaniscono contro Steven Avery.


Kathleen Zellner Steven Avery Brendan dassey recensore notturno documentario laura nirider Netflix mini serie docu recensione
(Photo: Netflix)

L'unica prova che sembra contare è una testimonianza estorta durante un interrogatorio fatto ad un minore con un QI sotto la media in assenza di un avvocato, in assenza di un genitore. Testimonianza tra le altre cose contraddittoria e smentita da altri testimoni.


Quanto sopra riguarda solo la prima parte del documentario. La seconda parte vede prendere le redini della situazione gli avvocati Kathleen Zellner e Laura Nirider. Dieci anni dopo la condanna, le due avvocate, rispettivamente di Avery e Brendan, anche grazie all'avanzamento della tecnologia e soprattutto al loro talento, produrranno nuove prove. Tante, tantissime prove.


Questa seconda parte sarà ancora più frustrante, soprattutto perché non ha una fine essendo ancora il caso in corso. Tra appelli, ricorsi, corte costituzionale, corte suprema e immondizia varia, zio e nipote sono ancora dentro in attesa che giustizia venga fatta. Per loro e per Teresa Halbach.



A sorprendere di più però non è la giustizia americana che risulta fare schifo come quella russa, se non di più, ma l'accanimento dei parenti della vittima che sembrano fregarsene del fatto che il vero assassino sia ancora a piede libero, tra l'altro ormai più che evidentemente. Per lo stato americano, la comunità, parte dei media, l'importante non è avere IL colpevole, gli basta avere UN colpevole.


L'importante è poter dire di aver fatto il proprio lavoro ed aver chiuso il caso. Guai se si ammettesse di aver fatto lo stesso errore due volte. La cosa che distrugge lo spettatore è vedere l'effetto che tutto questo ha sulle famiglie di Steven e Brendan, sugli affetti, sulle (non) vite delle due vittime. Steven e Brendan hanno passato più tempo dietro le sbarre che fuori, e questo in un paese che si vanta di esportare la democrazia nel mondo e di combattere dittatori e terroristi, non è accettabile.


Purtroppo gli americani non sono diversi dai russi (Navalny) o dagli egiziani (Zaki). La loro storia lo dimostra in continuazione, vedi il caso di Assange o quello di Mohamedou Ould Slahi, la cui storia è raccontata nel film "The Mauritanian". Almeno in Russia ed in Egitto non fanno mistero di disprezzare la democrazia.


VOTO 8/10

RN.jpg
bottom of page