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"The Artist": il cinema muto del 21esimo secolo

Aggiornamento: 25 mar 2021

il cinema muto è morto nel 1927, dopo 32 anni di vita. Il bianco e nero invece è morto nel 1953. Niente di più falso. Grazie a "The Artist", il muto ed il bianco e nero sono rinati, più moderni che mai.


Jean Dujardin, Bérénice Bejo, The Artist, recensione
(Photo: La Petite Reine, Studio 37, La Classe Américaine, JD Prod, France 3 Cinéma, Jouror Production, uFilms)

The Artist è un film francese del 2011 interpretato da Bérénice Bejo ("Tutti pazzi per Rose", "Fai bei Sogni") e Jean Dujardin ("Piccole bugie tra amici", "Gli infedeli") e scritto e diretto da Michel Hazanavicius. I tre avevano già lavorato insieme nel film "OSS 117: Le Caire, nid d'espions" e in questo film l'alchimia tra di loro si nota senz'altro.


La trama


La storia, ambientata nel 1927, ruota attorno al grande attore e stella del cinema muto Hoolywoodiano: George Valentin. Proprio nei primi minuti l'attore, dopo la fine della premiere del suo ultimo film, viene accidentalmente fotografato con una sua fan. La foto, pubblicata poi su Variety, fa il giro del mondo che si chiede chi sia quella ragazza. Dopo qualche tempo i destini dei due si incrociano nuovamente sul set di un film. Valentin scoprirà che il suo nome è Peppy Miller ed è alla sua prima esperienza come comparsa. Due anni dopo, nel 1929, con l'avvento del sonoro il cinema muto è ormai in decadenza, ma Valentin si rifiuta di stare al passo con i tempi, licenzia il suo produttore e investe tutti i suoi averi nella produzione di un film muto tutto suo.


Nascita e morte, vecchio e giovane

Tutto il film si concentra quindi sulla scalata al successo della giovane Peppy e del sonoro e la decadenza del vecchio George e del muto. Tra allegorie, inquadrature che sembrano dipinti, grazie anche ad una scenografia che sfiora il poetico, e giochi di "suoni", il film ci trasporta in un viaggio emotivo e sensoriale che segna inesorabilmente lo spettatore.


The Artist è un'opera attuale come non mai, soprattutto oggi in tempi di pandemia dove, proprio come il povero George Valentin, il vecchio si trova a far posto al nuovo, i lavori tradizionali muoiono o si rivoluzionano, mentre nuovi lavori nascono aprendo le porte al futuro e a chi vorrà accoglierlo.


Jean Dujardin, Bérénice Bejo, The Artist, recensione
(Photo: La Petite Reine, Studio 37, La Classe Américaine, JD Prod, France 3 Cinéma, Jouror Production, uFilms)

1927 o 2011?


I due attori sono incredibili e non hanno davvero bisogno di parlare per trasmettere ciò che hanno dentro. I costumi sono perfetti, la colonna sonora è la terza protagonista in questo gioiello cinematografico dei giorni nostri. Questo insieme di elementi, studiati nel minimo dettaglio, fanno domandare allo spettatore se sia un film del 1927 o del 2011. Ed è qui la forza di questo film, nel girare la pellicola in bianco e nero, muto, in vecchio stile, ma risultare nuovo, fresco, innovativo e rivoluzionario. Tutto questo infatti ha portato a 5 premi e 10 candidature agli Oscar.



Conclusioni


The Artist va assolutamente visto, andate oltre il pregiudizio che possa essere noioso solo perché muto, con i cartelli e in bianco e nero. Vedendolo capirete perché queste scelte artistiche non solo non lo rendono tale, ma esaltano il film e la sua storia.


Il regista e sceneggiatore Michel Hazanavicius ci dimostra che il Cinema come forma d'arte (e non mero business) è ancora vivo, che c'è ancora chi ama il cinema nella sua forma più pura, che esistono ancora artisti della Settima Arte su questo pianeta.


VOTO 9/10

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